Quel vuoto nella mappa
Chi viaggia in Italia, prima o poi, traccia una mappa virtuale sulla storia e la società, la cultura, il paesaggio, lo stile di vita, piena di impressioni personali, conoscenze pregresse derivanti dalle letture o dagli studi, esperienze e ricordi. Su questa mappa permane, però, un vuoto, una lacuna di non piccole dimensioni. I contorni di questo vuoto attraversano gli anni dal 1943 al 1945, nei quali uno degli ultimi e più cupi capitoli della seconda guerra mondiale ebbe luogo. Si tratta di quei venti mesi, dopo la firma dell’armistizio, nel corso dei quali la Germania nazista condusse una guerra feroce contro l'Italia e contro l’avanzata degli Alleati. L’alleanza di un tempo si trasformò in un’occupazione che depredò il paese, terrorizzò la popolazione, e, con il sostegno della Repubblica di Salò, combatté senza pietà la sempre più vigorosa resistenza italiana. Solo la resa senza condizioni dell’esercito tedesco, nel maggio del 1945, mise fine alla guerra e al fascismo.

Lo spaventoso bilancio dell’occupazione tedesca
Le nefaste conseguenze dell’occupazione tedesca tra l’8 settembre 1943 - giorno in cui fu reso noto l’armistizio tra le truppe alleate e il governo Badoglio - e la capitolazione della Germania sul fronte italiano, il 2 maggio 1945, divennero evidenti nello spaventoso bilancio di quei venti mesi in cui si registrarono decine di migliaia di  morti tra la popolazione italiana:  caduti partigiani, detenuti torturati fino a morte nelle prigioni o durante gli interrogatori, civili ostaggi o vittime di massacri, prigionieri di guerra, vittime della deportazione nei Lager e dei progetti di sterminio della popolazione ebraica. Se a questi si aggiungono i circa cinquantamila IMI (Internati militari Italiani), trattenuti o deportati in Germania come lavoratori forzati possiamo calcolare che i caduti italiani a causa del brutale dominio tedesco furono più di centomila. (Schreiber 1996; Gentile 2010).

La depredazione del paese
A questo tragico bilancio si sommano i danni materiali causati a molte città e la distruzione di interi paesi e villaggi, l’abbattimento delle infrastrutture, comandata dalle autorità militari, e il sistematico saccheggio della nazione, operato dalle SS, dalla Wehrmacht, (l’esercito tedesco), dalle SS e dall’amministrazione dell’occupazione (Kuby, 1982); Andrae, 1995). L’azione di distruzione umana e materiale non fu il risultato di “forze anonime”, le cui responsabilità sono spesso minimizzate attraverso l’uso di giustificazioni come: “era la guerra” o “questi erano gli ordini”. I responsabili delle devastazioni e delle uccisioni, dalle più alte cariche all’ultimo soldato, hanno nomi e volti anche in quei casi in cui non sono stati individuati, chiamati in causa e condannati.

La commemorazione delle vittime
I luoghi dei massacri e delle azioni criminali hanno un nome e una data. La celebrazione della memoria di quei momenti terribili non si limita solo agli episodi più conosciuti, come il massacro delle Fosse Ardeatine a Roma, quello di Marzabotto (Bologna) o le deportazioni dal campo di concentramento di Fossoli (vicino a Modena). In misura molto più profonda e significativa, il ricordo di quei crimini è sedimentato nella memoria delle famiglie e delle comunità di un numero incalcolabile di altri luoghi. Quasi in ogni città, località o paese, tra le montagne o lungo le strade, vistosi ed imponenti o ancora in costruzione, a volte difficilmente individuabili, si trovano monumenti, lapidi, o nomi di strade che ricordano quegli eventi e quelle stragi, di cui donne, bambini e anziani, prigionieri e partigiani, a volte intere comunità, sono state vittime. A volte le lapidi elencano minuziosamente i dati dei caduti.

La commemorazione della Resistenza e della Liberazione
Così come i civili, anche i caduti della resistenza contro l’occupazione tedesca, tra cui molte donne, sono commemorati. Nelle città più piccole si ricordano i partigiani locali; nelle città più grandi, la memoria pubblica è custodita da lapidi che riportano le fotografie dei combattenti della Resistenza morti e che sono poste nelle piazze principali. Molte amministrazioni locali promuovono la trasmissione della memoria della Resistenza e della Liberazione, collaborando con le associazioni di ex-partigiani o ex-deportati, con le quali gestiscono istituzioni locali o regionali, istituti di ricerca o musei della Resistenza, e delle quali sostengono il lavoro con le scuole e le iniziative pubbliche. Inoltre, prima e dopo il 25 aprile, festa nazionale della Liberazione - avvenuta nelle regioni settentrionali nella primavera del 1945 - vengono organizzate importanti manifestazioni e iniziative per celebrare la caduta definitiva del fascismo e la fine dell’occupazione.

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